Fare il pane dall’aria

Se qualcuno di noi dicesse “si può fare il pane dall’aria” verrebbe preso per pazzo. Nel 1907 un chimico tedesco di origini ebree, Fritz Haber, poi insignito del Nobel per la chimica, estrasse azoto direttamente dall’aria. In questo modo risolse da un giorno all’altro il problema della scarsità di fertilizzanti, che rischiava di provocare una carestia globale come non si era mai vista.

Centinaia di milioni di persone sarebbero morte di fame. Nei secoli precedenti, la carenza di azoto aveva spinto orde di inglesi a viaggiare in Egitto per saccheggiare le tombe dei faraoni, in cerca dell’azoto contenuto nelle ossa delle migliaia di schiavi. Si riesumarono molti milioni di scheletri in tutto il mondo. La scoperta chimica di Haber fu la più importante del XX secolo: raddoppiando la quantità di azoto disponibile, generò l’esplosione demografica che, in meno di cent’anni, permise alla popolazione umana di crescere da 1,6 a 7 miliardi di persone. Oggi, più della metà della popolazione mondiale dipende dagli alimenti coltivati grazie all’invenzione di Haber: l’uomo che fece il pane dall’aria.

La storia di Haber ci dice che le persone possono cambiare la storia. Di fronte agli sconvolgimenti e al ritorno delle guerre – quella dimenticata del Sudan ha proporzioni molto maggiori rispetto a quella di Gaza – cresce un senso di impotenza nei cittadini. E nel frattempo, i potenti della Terra si allenano nello smantellare le regole del diritto internazionale: quei confini che avevano garantito, in buona parte del mondo, la Forza della Legge contro la Legge della Forza. Si era affermata l’idea che la democrazia e la cooperazione tra Stati, istituzioni e popoli fossero l’unica misura in grado di proteggere la pace e la dignità umana, cioè ognuno di noi. Sta avvenendo lo smantellamento, a volte democraticamente legittimato, della democrazia nel mondo, e la rapida edificazione di una forma di governo libertario-capitalista, amministrata tecnocraticamente. La nuova oligarchia del denaro e del potere non pare preoccuparsi di chi rimane indietro, della libertà e dell’uguaglianza. Anzi, è disposta a sacrificare i principi fondanti della democrazia. Questa regressione non deve solo allarmarci, ma ci costringe a reagire, per difendere la nostra libertà insidiata, ora pure dalle nuove tecnologie.

Abbiamo molti mezzi per difendere la democrazia: il più potente rimane quello di mettersi all’opera, di non rinunciare, di avere il coraggio di impegnarsi per una buona causa. Di prendere parola nello spazio pubblico, nei nostri quartieri e nelle nostre comunità locali e nazionali, per proporre sguardi nuovi. Per costruire amicizia sociale e civile.
È urgente proporre un’ecologia integrale, capace di recuperare la dimensione umana e comunitaria della vita. Bisogna collegarsi alle tante esperienze che già si muovono in questa direzione e offrire speranza a chi sogna un progresso più umano. Per ripartire servono un nuovo sogno, nuove forze e un’ideologia nuova, mite e solida. Nel Dopoguerra, dopo aver sperimentato gli abissi del male con la Shoah e le distruzioni, grazie a scelte coraggiose abbiamo fatto la storia e avviato un sogno di pace e di uguaglianza. Ora stiamo inseguendo la storia.

Nel mondo, Italia compresa, stiamo perdendo il contributo specifico dato dai cristiani del Dopoguerra, che lottarono perché ci fosse uno spazio di laicità dentro lo Stato e dentro la politica. La politica non è solo tecnica, ma infrastruttura morale. Chi dice che l’odio per l’avversario politico o per lo straniero sia legittimo va smascherato: il cristianesimo include, è attenzione ai più deboli, non considera nessuno vittima irreversibile della storia. E bisogna difendere alcuni principi non negoziabili. Il primo: la religione, che è il legame comunitario per eccellenza, non può essere messa a servizio di un progetto politico-religioso, come accadde negli anni ’30, quando le parole di Mussolini e Hitler diventavano riti e gli slogan una fede. Il secondo: le istituzioni sopravvivono ai partiti e non sono proprietà di chi vince le elezioni.

L’uomo che aveva fatto il pane dall’aria pianificò anche il primo attacco chimico della storia, a Ypres, in Belgio, il 22 aprile 1915, dove vennero annientate le truppe francesi: fu lui, il chimico, l’artefice di un modo nuovo e terribile di fare la guerra – i gas – la prima arma di distruzione di massa. Il lato oscuro della scienza chimica lo inseguì anche dopo la morte, nel 1934, perché un’altra sua scoperta, lo Zyklon – un nuovo gas misto a cianuro – fu poi usata dai nazisti per uccidere la sorella, i nipoti e molti ebrei come lui.

L’uomo può e deve essere artefice del cambiamento, dell’irruzione del bene nella storia. E può essere, contemporaneamente, veicolo della forza del male nella stessa storia. Dipende da lui essere costruttore di benessere o di violenza. È una responsabilità personale e collettiva a cui siamo chiamati, ogni giorno, nella vita quotidiana, in ogni lavoro che facciamo, in ogni gesto che compiamo.

Comunità Democratica vuole moltiplicare e collegare i luoghi di resistenza e di proposta libera, di pensiero laico e lungo. Benvenuti.

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