Lo scorso 16 dicembre 2025 è stato presentato al Senato il Disegno di Legge (DDL S. 1722), a prima firma del senatore Delrio, che prevede “disposizioni per il rafforzamento della strategia nazionale per la lotta contro l’antisemitismo, e per la prevenzione ed il contrasto all’antisemitismo e delega al Governo in materia di disciplina degli interventi relativi ai contenuti antisemiti diffusi sulle piattaforme online di servizi digitali”.
Il DDL pone l’attenzione sul contrasto all’aumento dei casi di violenza fisica e insulti verbali contro persone di religione ebraica,
La storia dell’antisemitismo ha origini lontane: il termine, usato per esprimere l’avversione verso gli ebrei (Antisemit), si trova nell’opera “La vittoria del giudaismo sul germanesimo” del 1879, di Wihelm Marr, pubblicista tedesco dell’Ottocento, di idee anarchiche ed ateo, fondatore della Lega antisemita.
Da un punto di vista lessicale, non è, tuttavia, chiaro concettualmente a quale tipo di avversione il termine corrisponda nel linguaggio odierno, se, cioè, gli ebrei subiscano l’odio per ragioni di razza, oppure di etnia, oppure ancora quali membri di una nazione o come fedeli di una confessione religiosa.
Infatti, se la nozione di razza si riferisce essenzialmente a caratteristiche fisiche, i significati terminologici di etnia, nazione e religione richiamano caratteri identitari, incentrati sull’aspetto comunitario.
Si può dire che detti elementi di demarcazione nel caso degli ebrei si intrecciano tra loro, invocando in tal modo una tutela giuridica ad hoc.
Nell’ordimento italiano, l’antisemitismo è stato oggetto di interventi normativi e giurisprudenziali, che, peraltro, non tengono conto del carattere di specialità sopra accennato, dando luogo, così, ad un vuoto normativo che il DDL intende colmare.
Nel diritto vigente, ad esempio, la L. 8 marzo 1989 n. 101, che regola i rapporti tra lo Stato e l’unione delle Comunità ebraiche italiane, sancisce il divieto di discriminazione per motivi religiosi, aderendo ad una impostazione di carattere etnico-religioso della definizione di “israelita”.
Del pari, la Corte costituzionale, con sentenza n. 239 del 1984, avente per oggetto la legittimità della previgente intesa, di cui al regio decreto n. 1731/1930, sulla questione dell’appartenenza di diritto ex art. 4 alle Comunità israelitiche, a prescindere dalla loro volontà, di tutti gli israeliti che risiedessero nei loro territori, ha affermato che la norma era lesiva del principio di eguaglianza con riferimento ai parametri della razza e della religione.
Dal canto suo, la Corte di Cassazione (sentenza n. 4534 del 9 febbraio 2022), nell’attribuire rilevanza penale ai like su post antisemiti pubblicati sui social network, ha ricondotto l’antisemitismo nell’ambito della discriminazione razziale, facendo riferimento alle persecuzioni e al genocidio di cui gli ebrei sono stati vittime nel corso del Novecento, accentuando, più della motivazione religiosa, il paradigma della discriminazione della “razza”.
Sotto il profilo penale, d’altronde, l’art. 604 bis del cod.pen., all’ultimo comma, prevede un aggravamento di pena quando la propaganda o l’istigazione o l’incitamento alla discriminazione, all’odio o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o e religiosi «si fondano in tutto o in parte sulla negazione, sulla minimizzazione in modo grave o sull’apologia della Shoah», limitando oggettivamente la nozione di antisemitismo all’esperienza storica dell’Olocausto.
Più di recente, peraltro, a livello sovranazionale, l’IHRA, un’alleanza intergovernativa che riunisce governi ed esperti per promuovere l’educazione, la ricerca e il ricordo dell’Olocausto, ha adottato, nel maggio del 2016, la seguente definizione: «L’antisemitismo è una certa percezione degli ebrei, che può esprimersi come odio per gli ebrei. Manifestazioni di antisemitismo verbali e fisiche sono dirette verso gli ebrei o i non ebrei e/o alle loro proprietà, verso istituzioni comunitarie ebraiche e strutture utilizzate per il culto».
Di qui, dunque, con l’obiettivo dichiarato, di rafforzare e aggiornare le norme contro l’antisemitismo, si è arrivati alla presentazione del Disegno di Legge in questione, che si fonda, appunto, sulla proposta di recepimento nell’ordinamento italiano della definizione operativa di antisemitismo formulata dall’IHRA, tanto che l’art. 1 del DDL dispone che “Ai fini della presente legge si applica la definizione operativa di antisemitismo approvata dall’Alleanza internazionale per la memoria dell’Olocausto (International Holocaust Remembrance Alliance – IHRA), in coerenza con la risoluzione 2017/2692 (RSP) del Parlamento europeo, del 1° giugno 2017, sulla lotta contro l’antisemitismo e con la delibera del Consiglio dei ministri del 17 gennaio 2020”.
Inoltre, l’articolo 2 del DDL delega l’esecutivo a varare uno o più decreti legislativi con prescrizioni all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) e gli articoli 3, 4 e 5 prevedono, per le università, attività di ricerca e di aggiornamento scientifico, nonché, anche per le scuole, di monitoraggio e di verifica delle azioni attuate per contrastare i fenomeni di antisemitismo.
Il progetto di legge, com’è noto, è andato incontro a critiche, che, per motivi di semplificazione, possono essere suddivise in tre gruppi di ragioni a) sociali, b) giuridiche e c) di politica partitica interna, con le quali rispettivamente si sostiene che:
– a) il DDL Delrio soffrirebbe di un vizio insostenibile, in quanto non si comprende per quali motivi andrebbe perseguito solo l’antisemitismo e non anche le altre forme di razzismo e di intolleranza religiosa. Si osserva che questa critica è ingiusta, perché fuori contesto. Nel 2025 i recenti fatti di Sydney, il 14 dicembre, e di Manchester, ad ottobre, dimostrano l’esistenza di un allarme mondiale sulla questione ebraica; la stessa Commissione europea ha affermato nella relazione sull’antisemitismo del 14.10.2024 che “Negli ultimi anni l’antisemitismo è aumentato pericolosamente in Europa”. La novella viene, quindi, proposta proprio allo scopo di frenare l’aumento esponenziale dell’odio antiebraico, che colpisce anche il nostro Paese, stante l’esigenza di risposte più strutturate di quelle attuate finora;
– b) il testo delegherebbe al governo (in particolare a “questo” governo) di definire nel dettaglio reati e relative sanzioni. L’assunto è falso. Il DDL Delrio non contiene alcun rifermento a norme di natura penale, limitando la richiesta all’esecutivo alle sole misure amministrative, peraltro, non sanzionatorie, ma di mera prevenzione. Diversamente, appare opportuno ricordare che il coevo DDL Gasparri (Atti S n.1627) propone anche ipotesi delittuose, delegando al governo la previsione di misure repressive, nondimeno a rischio di incostituzionalità, trattandosi di ipotesi di reato a pericolo astratto o quantomeno, presunto, fattispecie sospette di limitazione della libertà di pensiero;
– c) l’iniziativa sarebbe intrapresa per dividere il proprio fronte politico e per motivi di visibilità.
L’accusa è pretestuosa. Se l’uscita a destra dalla soluzione al problema è, come visto, la riduzione del tema a questione di ordine pubblico, l’uscita a sinistra non può essere l’elusione del tema stesso, sottovalutando l’espandersi del fenomeno per come concretamente si sta manifestando. In disparte ciò, l’unità di un partito non è sinonimo di “pensiero unico”, atteso che la democraticità esige il pluralismo nell’unità degli intenti e dei valori associativi di base, non certo l’acritico adeguamento a posizioni di maggioranza, tra l’altro, non aliene da ambiguità di fondo, generate, a volte, dalla difficoltà di distinguere la sorte del popolo ebreo dal comportamento degli esecutivi dello Stato di Israele.
Nella Bibbia il libro di Ester narra di quella che può essere considerata la prima pianificazione di aggressione al popolo ebraico, avvenuta all’epoca dei fatti, nel V secolo a.C., nella Persia del re Serse. Nel racconto Ester media con successo tra il suo popolo e il re di Persia per ottenere la salvezza del popolo e la fine della persecuzione.
Anche oggi, ad esito di un percorso storico di lotta, carsico e camaleontico, contro l’odio razziale per il popolo e la sua cultura, la comunità ebraica, dovunque stabilita, necessita di una mediazione che la salvi dalla crescente avversione, ovvero di una politica che sappia prevenire con equilibrio l’inasprimento del fenomeno. Solo, infatti, una politica che colga l’importanza del contributo degli ebrei nel mondo quale comunità ponte tra Europa ed Arabia, o meglio tra Occidente e Medio Oriente, può dirsi erede dei principi di solidarietà, bene comune, tutela della persona e ricerca della pace tra gli uomini, che sono stati la costante e devono continuare ad essere il motore del cattolicesimo democratico.
Fabrizio Urbani Neri
[23 dicembre 2025]




